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Frontiera

by Bancale

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1.
Randagio 05:01
conta tredici coste a un fianco e tredici all’altro, sottopelle. la lingua rosa imbiancata dalla sete e appesa al fondo buio della bocca. il cranio nudo. l’impianto delle gambe scarno. la coda come corda sfilacciata nel passo trascinato lento, sull’asfalto. certi pranzi di doppie scatolette e avanzi erano stati addirittura vomito (famiglia arricchita: doppia mandata: sistema di videosorveglianza). poi la cacciata e un tentativo vano di caccia sulla strada. resta un cane randagio a cercare nei rifiuti prima che finiscano dai bordi dei recinti delle case alla discarica anch’essa recintata. conta tredici coste a un fianco e tredici all’altro quando cade al suolo, ma lontano in un campo. la pelle definitivamente flaccida. il respiro perso nel solco della vanga. e prima dei vermi, le mosche sulla carne già da tempo consumata. e nei giorni che non lo troveranno, sotto un albero, nuova nascita. e sarà tutto più chiaro.
2.
Un paese 02:23
ma un paese cercalo perché dovrai tornare a vivere dopo aver faticato tanto per provare a uccidere, o ancora a vivere. una trincea di gambe umide: preparati a combattere da una trincea di gambe umide che saranno la tua gente le tue piante la tua terra dove finirete. ma ora trova un paese che sia qualcuno ad aspettarti anche quando non sarai rimasto e anche quando avrai lasciato le armi: saperti suo ti guarirà il costato sarà il gusto di andare via ma sapere di esserci.
3.
Lago del tempo questo ucciderà quello annerirà il pane segneremo le porte sarà piscio di cane ma non serviranno uomini anche se faranno la loro che sarà loro la sorte come per talpe e cavedani nel lago del tempo. mentre là sotto ci aspettano fossili preartropodi memori della marea che per milioni di anni vinse gli asfalti: trilobiti (granulazioni e scheletri) la tua paura in migliaia di anelli. tutto quello che vedi è già pietra: mie, milioni di cellule di libellule e rane in acque torbide una pianura un tempo golfo a mare aperto: verrà a prenderci e ci saremo verrà a sommergerci e sarà un ritorno il lago del tempo nel lago del tempo il lago del tempo.
4.
è il mio corpo una chiesa che guardo da fuori e guardandola immagino travi e muri portanti cadere sul peso svuotante di tarme e di ragni: è il mio corpo un bastone che vedo finire e finendo lo sposto a dovere perché mi riesca di colpire la preda e lasciarla a soffiare per terra: ma il vantaggio e l’affanno non contano uguali ed è un sasso che cade tra gli occhi il ricordo ed è dura la pietra del giorno che scorno. è il mio corpo una chiesa che guardo da fuori è il mio corpo un bastone che vedo finire ma il vantaggio e l’affanno non contano uguali ed è dura la pietra del giorno che scorno ed è dura la pietra del giorno che scorno ed è dura la pietra del giorno che scorno.
5.
Calolzio 02:42
è la prima pietra e non è un sogno: la carogna d'uomo trovata il giorno dopo nella scarpata sulla strada del poggio non ha saldato il prezzo non ha retto l'appoggio il ponteggio su un piano sconnesso in un giorno nato vivido e morto terso. Calolzio sappilo, si costruisce morendo: prima la permuta di un suolo agricolo in comparto abitabile poi la fatica in qualcosa di simile ad un incendio freddo che neanche l'acqua spegne e neanche l'acqua spegne se neanche l'acqua spegne mentre trabocca coi dubbi dalle grondaie del certo. è la prima pietra, sì la prima pietra e su questa pietra edificherai la tua resa.
6.
Frontiera 05:29
ecco la tua frontiera: al di qua il nulla, al di là ancora. se hai un corpo che sia il tuo porto e il tuo territorio dove piantare un masso e che vada in alto: verrà un’aria e sarà di lava, l’aspetterai vivo come un cane che chiava o una candela accesa che spera ancora in una luce più chiara (se vorrai, sarò accanto alla strada).
7.
Megattera 06:33
è un porto che non conosco quello dove poter partire per un buon posto per un ricordo – prendi le lance ma io non vengo ancora… non esce il Capitano, questa nave non parte, la tiene dalla prora una mano di madre, una trave è la mia schiena infilzata alla mia ora, bada a te stesso, uomo. nella bocca d’acqua si cade come dentro una secchia di mondo brutto, crolla un pezzetto e il resto è tutto nella buca: nel legno, ti aspetto nel legno Luca. Megattera è la parole femmina che devo scacciare per pronunciare ancora mare mare mare mare mare mare mare.
8.
Catrame 02:08
svegliati: sei coinvolto nell’aria che respiri pagherai il tuo conto ti sembrerà grano e invece è loglio: è il doppiofondo tra un muro e l’altro di un Divo ancora in vita e un vivo in meno: quando il Sistema ha pressurizzato l’abitacolo non è bastato e l’ha centrato in pieno: non senti il caldo che diventa siero e ti addormenta piano ma intanto odora la piazza di un sapore che è ancora di cordite: la tua tomba è di catrame ma continui a sorridere. di negare siamo Capaci tutti ma ora svegliati: al Servizio ci sei anche tu.
9.
Cavalli 04:50
nella nebbia un casotto di pietra nel casotto una gabbia di ferro nella gabbia i conigli slattati a morire da soli in natura. in cantina i salami rimasti sulle travi le corde ammuffite sulla ghiaia carcasse di pelli a sfiancare i topi impazziti. è questa la fine: un intreccio metallico un passaggio di appesi, e voi da che libro venite cavalli scalcianti? un colpo inesperto una volta non uccise il maiale e mezzo sgozzato ed irato faceva tempesta, benediva di sangue muraglie: scappavano tutti dal maiale-tempesta. gli assolti ad imbroglio vedranno le nuvole, io spero saranno scannati: e voi da che libro venite cavalli scalcianti? dovrei stare devoto alla Logica, a san Giorgio e al cavallo: un santo e una bestia, dietro un profeta sfiatato. ma quanta salvezza ci manca: ad esempio restare immortali e voi da che libro venite, cavalli scalcianti? e voi da che libro venite, cavalli scalcianti? e voi da che libro venite, cavalli scalcianti?
10.
nella nebbia un casotto di pietra nel casotto una gabbia di ferro nella gabbia i conigli slattati a morire da soli in natura. in cantina i salami rimasti sulle travi le corde ammuffite sulla ghiaia carcasse di pelli a sfiancare i topi impazziti. è questa la fine: un intreccio metallico un passaggio di appesi, e voi da che libro venite cavalli scalcianti? un colpo inesperto una volta non uccise il maiale e mezzo sgozzato ed irato faceva tempesta, benediva di sangue muraglie: scappavano tutti dal maiale-tempesta. gli assolti ad imbroglio vedranno le nuvole, io spero saranno scannati: e voi da che libro venite cavalli scalcianti? dovrei stare devoto alla Logica, a san Giorgio e al cavallo: un santo e una bestia, dietro un profeta sfiatato. ma quanta salvezza ci manca: ad esempio restare immortali e voi da che libro venite, cavalli scalcianti? e voi da che libro venite, cavalli scalcianti? e voi da che libro venite, cavalli scalcianti? Suonatore Cielo sono cadute qui le tue schitarrate di acqua e vento, eravamo troppo vicini all’amplificazione delle nuvole, questo vuoto mortaio è rimasto l’unico applauso. quant’era bella la donna che ti lasciò, suonatore Cielo? quanto fu pazza se ti lasciò suonare? è già troppo infernale lo spartito delle acque, il tuo assolo devastante è straripato in note di fango: note che sono ancora urla ancora morsi eterni ancora speranze magre. quant’era bella la donna che ti lasciò, suonatore Cielo? quanto fu pazza se ti lasciò suonare? hai suonato con la giustizia dei grandi tenendo gli occhi in alto, non hai guardato i corpi di tutta questa gente di fronte, è una battaglia tra cieco e cieco: ma sei tu che suoni, sei tu che suoni. quant’era bella la donna che ti lasciò, suonatore Cielo? quanto fu pazza se ti lasciò suonare? e forse lei l’avremmo anche cercata se solo avessimo capito prima, «lascia tutto il tuo cuore al suonatore Cielo!», ma tu conosci qualcosa che uccide che per noi è solo mistero. quant’era bella la donna che ti lasciò, suonatore Cielo? quanto fu pazza se ti lasciò suonare? quant’era bella la donna che ti lasciò, suonatore Cielo? quanto fu pazza se ti lasciò. [agli affogati]

credits

released April 8, 2011

Bancale:
Luca Vittorio Barachetti: parole e voce
Fabrizio Colombi: percussioni e lamiere
Alessandro Adelio Rossi: chitarra, elettronica (Megattera), harmonium (Suonatore Cielo)
Xabier Iriondo: chitarra su Randagio e Suonatore Cielo e elettronica su Un paese

Registrato nel novembre 2010 da Fabio Intraina e Xabier Iriondo al Tray studio - Inzago (MI)
Mixato da Xabier Iriondo al Metak Zulo - Milano
Masterizzato da Maurizio Giannotti al Newmastering Studio - Milano

Illustrazioni di Fausto Gilberti
Foto di Barbara Lanza

Produzione artistica: Xabier Iriondo e Bancale
Produzione esecutiva: Ribéss, Fumaio, Palustre e Bancale
Distribuzione: Audioglobe

Ufficio stampa: Fleisch Agency (nora@fleisch-agency.com)
Booking: Neverlab (info@neverlab.it)

I testi di Frontiera hanno alcuni debiti e nessun credito. A “La luna e i falò” di Cesare Pavese per Un paese.
A “Trilobiti” di Breece D’J Pancake per Lago del tempo. A “Catrame” di Giuseppe Genna per Catrame. I versi “dovrei stare devoto... ad esempio restare immortali” di Cavalli sono una libera manipolazione di un frammento di “Iubilaeum Bolero” di Ivano Fossati.
Inoltre su Cavalli il recording finale è la registrazione della poesia “La Terra di Lavoro” di Pier Paolo Pasolini letta dallo stesso autore.

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